Ci sono nomi che richiamano immediatamente un certo tipo di nostalgia, e per chi è cresciuto con le avventure grafiche, quello di Simon the Sorcerer è certamente uno di questi. La saga è nata nei primi anni ’90 portando un mix di humour britannico, fiaba, parodia. Ora, con il prequel “Origins”, lo studio italiano Smallthing Studios prova non solo a riportare in vita quel mondo, ma a rielaborarlo.
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Trama e atmosfera
In “Origins” vestiamo i panni del giovane Simon, prima che diventasse il mago che molti conoscono: qui è un ragazzo trasferitosi in una nuova casa, un po’ sfrontato, che viene catapultato senza volerlo in un mondo magico grazie ad un portale, a una profezia e ad antichi tomi di magia.
Il tono è subito quello che ci si aspetta dalla serie: umorismo tagliente, battute che rompono la quarta parete, un mondo di maghi, creature bizzarre e ambientazioni degne di una fiaba. Il tutto riprendendo in pieno lo spirito dei titoli precedenti.
Ma “Origins” non è solo un revival. È anche un’occasione per esplorare la prima volta, la scoperta, il percorso di crescita di Simon.
Gameplay e meccaniche
Per chi ama il genere “punta e clicca” nella sua forma più classica, questo titolo ha tutto ciò che potrebbe desiderare: esplorazione, raccolta e combinazione di oggetti, dialoghi con i personaggi, enigmi e puzzle. Gli sviluppatori hanno scelto di puntare sulla purezza del genere, evitando di aggiungere sezioni action o altri elementi non necessari.
Alcuni dettagli degni di nota sono l’inventario, abbastanza semplice da utilizzare, che non è altro poi che il cappello “magico” che Simon utilizza per contenere e combinare oggetti e preparare pozioni. Tuttavia, non tutti gli enigmi sono perfetti: alcuni risultano un po’ meno chiari, richiedono un ragionamento più astratto e un po’ più arcade, che potrebbe generare frustrazione nei giocatori meno avvezzi al genere.
Punti di forza…
Uno dei punti di forza principali è che si tratta di un’avventura punta-e-clicca pura, pensata per chi ama il genere, con puzzle “seri” e meccaniche classiche. Poi ovviamente l’umorismo è ben riuscito; il protagonista rompe spesso la quarta parete facendo riferimento ai titoli precedenti e non solo. Inoltre, spesso ci sono scambi di battute e dialoghi tra i personaggi che dimostrano una scrittura ben strutturata e divertente.
Visivamente, Simon the Sorcerer: Origins è un atto d’amore per l’illustrazione classica e per le atmosfere fiabesche che hanno reso celebre la saga. Gli scenari sono interamente disegnati a mano, con uno stile che fonde i cartoni animati europeo e le suggestioni fantasy anglosassoni: con un’estetica a metà tra Monkey Island 2 e la serie di Harry Potter. Ogni ambientazione – dalla bottega del mago alla locanda di periferia, fino alle sale dell’accademia di magia – è ricca di dettagli, piccole animazioni e gag visive che premiano l’occhio più attento.
L’approccio visivo scelto da Smallthing Studios non punta al realismo, tutt’altro; punta alla ricchezza di personalità. Le palette cromatiche cambiano in base all’atmosfera: toni caldi e saturi per le scene più umoristiche, luci fredde e contrasti marcati per quelle più cariche di tensione.



…e criticità
Come quasi ogni operazione di revival, Simon the Sorcerer: Origins è abbastanza altalenante come sensazioni: da un lato la voglia di rimanere fedeli al passato, dall’altro la necessità di parlare a un pubblico contemporaneo. È proprio per questo sottile equilibrio che emergono alcune fragilità.
Il primo limite è legato al ritmo narrativo. Se da un lato la storia è ben scritta e il tono ironico funziona, dall’altro l’impianto rimane episodico: le missioni principali sono scandite da brevi episodi autoconclusivi, e il senso di progressione talvolta si disperde. Simon attraversa ambienti splendidi, incontra personaggi vivaci, ma la trama impiega troppo tempo a costruire una tensione narrativa forte.
Un altro punto di debolezza è la struttura degli enigmi, che alterna momenti geniali ad altri meno ispirati. Gli appassionati storici troveranno pane per i loro denti: i puzzle logici e i meccanismi a incastro ricordano le glorie LucasArts, con combinazioni bizzarre e soluzioni “assurde ma sensate”. Tuttavia, la curva di difficoltà non è sempre calibrata. Alcuni enigmi si risolvono quasi da soli, altri, invece, richiedono collegamenti mentali eccessivamente astratti o informazioni non chiaramente fornite. In mancanza di un sistema di suggerimenti strutturato, può capitare di rimanere bloccati per motivi più di interfaccia che di reale sfida.
Conclusione
In definitiva, “Simon the Sorcerer: Origins” è molto più di un semplice revival nostalgico. È un titolo che sa rispettare le radici del genere e della saga, ma al contempo mettere in piedi un’esperienza coerente, ben curata e divertente. Per chi è cresciuto con questo genere, o è solo curioso di conoscere una saga videoludica italiana di notevole spessore, questo gioco è un ottimo punto d’ingresso e un’esperienza che vale la pena vivere.
